Di Enzo de Robertis 19/08/2013
Dalla riunione tenutasi a Napoli
il 20 luglio u.s., per la formazione di un Centro Culturale, sono emersi alcuni
temi che mi offrono lo spunto per qualche puntualizzazione ed approfondimento.
Caratterizzazione comunista
del Centro
Il Centro che si intende
costruire, dopo l’incontro di Napoli del 20/7, ha una dichiarata connotazione ”comunista”.
Quella che a qualcuno può
apparire come una scelta “retrò”, nasce, invece, dalla consapevolezza dei
partecipanti che il comunismo non è superato (o sepolto) dallo sviluppo degli
avvenimenti degli ultimi venticinque anni, ma, piuttosto, esprime la sua
attualità proprio in relazione alla crisi economica che il capitalismo sta
vivendo in tutto il mondo.
Un sistema economico, quello
capitalistico, che dopo la simbolica caduta del muro di Berlino si candidava a
rappresentare (caduta per qualcuno “l’utopia”, per qualche altro “la barbarie”),
la migliore soluzione economico-sociale ai problemi dell’umanità, mostra,
invece, la potenza distruttiva della contraddizione fondamentale connaturata
alla sua essenza: la contrapposizione fra il carattere sempre più sociale della
produzione (la globalizzazione dei mercati) e la proprietà privata dei mezzi di
produzione (primo fra tutti il denaro).
Così, di fronte alla chiusura di
fabbriche ed alla conseguente perdita del posto di lavoro, di fronte
all’impoverimento crescente di milioni di lavoratori e delle loro famiglie, non
deve esserci alternativa ad un sistema economico, quello esistente, basato sul
profitto, perché l’alternativa elaborata e praticata dall’umanità tra il XIX ed
il XX secolo è stata frettolosamente relegata in soffitta, quando non
etichettata come “follia collettiva”.
Contrastare questo “oblio”,
voluto ed interessato, è una delle
ragioni per cui nasce, a mio avviso, il Centro.
Attività di ricerca e
documentazione
Ma difendere e propagandare il
comunismo non può significare “rifondarlo dall’anno zero”, come si è fatto nel
’91, perché questa operazione, oltre che essere complementare all’”oblio” di
cui sopra, sarebbe per di più antistorica, in quanto cancellerebbe con un colpo
di spugna, senza alcun esame critico, un’elaborazione scientifica ed una
pratica ricca di successi e di vittorie di natura epocale; altrettanto non può
realizzarsi un’efficace difesa, senza un approfondimento delle ragioni di una
sconfitta che nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, è stata ad arte
rappresentata e propagandata in tutto il mondo come “la fine di un’epoca” ed “il
fallimento di un’utopia”.
Si impone, pertanto, ai comunisti
mettere in atto un’attività collettiva di ricerca e di confronto, la quale, su
alcuni temi che hanno un’importanza che travalica i confini nazionali o di area
geografica e supera la contingenza temporale del presente, inevitabilmente
rappresenta la base per un “nuovo internazionalismo proletario”; mentre, su
altri temi, più legati alla storia dei comunisti di un determinato Paese, rappresenta
la premessa per la ricostruzione di un autentico Partito Comunista.
Ferma restando l’autonomia più
completa per quanto riguarda i temi e l’impostazione di ogni ricerca
individuale, appare indispensabile, a mio parere, la costruzione di un
“circuito” collettivo in cui detta ricerca possa entrare per confrontarsi fuori
dall’ambito di un territorio o di una cerchia ristretti, per produrre, così, i
suoi effetti migliori.
Unitamente ad una attività di
ricerca si impone l’intensificazione ed il coordinamento di un’attività di
documentazione, che della prima rappresenta la premessa ed il corollario inevitabili. Sappiamo tutti,
infatti, che menzogna ed oblio si servono della mancanza di documenti per
potersi affermare.
Oggi è sempre più difficile
reperire i testi dei classici del marxismo e del leninismo, per non parlare dei
documenti attinenti la storia del movimento comunista. Per un giovane che
volesse farsi un’idea propria del marxismo-leninismo o del comunismo, un’idea
non omologata a quella della classe dominante, mancano le basi documentali più
elementari.
Le possibilità offerte dalla
tecnologia del digitale e della rete telematica consentono oggi di superare agevolmente
le questioni economiche che in passato costituivano, il più delle volte,
l’ostacolo insormontabile per un’attività editoriale.
Attività di formazione
La mia generazione, nata negli
anni ’50, e quella che l’ha preceduta hanno avuto la grande fortuna di vivere
in un’epoca in cui esisteva ancora un campo socialista, che si contrapponeva a
quello capitalista e rappresentava una retrovia importante per le lotte di
liberazione nazionale ed antimperialiste.
Le lotte in Vietnam, Cuba, Angola
hanno rappresentato nella seconda metà del secolo XX un esempio vincente della
possibilità di sconfiggere l’imperialismo e di costruire società non assoggettate
al dominio del capitale internazionale.
Chi come me ha avuto, poi, la
fortuna di visitare in quegli anni un Paese socialista non ha potuto fare a
meno di notare, fra tante contraddizioni, l’enorme spinta che riceve la
“società civile” dall’eliminazione della proprietà privata dei mezzi di
produzione.
Per le giovani generazioni queste
possibilità sono ai giorni nostri precluse, essendosi modificato il quadro
internazionale delle contraddizioni di classe. Pertanto, la convinzione della
validità, dell’attualità e giustezza del socialismo e del comunismo sono
conquiste da raggiungere sul piano teorico.
I comunisti sanno che il
marxismo-leninismo è una scienza, composta essenzialmente da due parti: una di
carattere filosofico, il materialismo dialettico, e l’altra di carattere
economico-politico, il materialismo storico. Per le sue caratteristiche il
marxismo non rappresenta un “sistema chiuso”, un insieme di dogmi da imparare a
memoria e da sciorinare al momento opportuno. Esso, invece, è una guida per
l’azione politica del proletariato e si arricchisce costantemente dalle
esperienze di lotta compiute.
Come ogni sistema scientifico
complesso il marxismo-leninismo ha bisogno di un approccio che parta dagli
elementi basilari di conoscenza, per arrivare, gradatamente, alla comprensione
degli aspetti più complessi della teoria, senza mai smarrire il collegamento
con la realtà.
L’attività i formazione deve
tener conto di tutto questo, se vuole raggiungere lo scopo di una diffusione ed
assimilazione di massa della teoria.
Tuttavia, mentre discutiamo e, se
vi riusciamo, mettiamo in atto un’attività di formazione, dobbiamo essere
coscienti che con essa possiamo coinvolgere, nel migliore dei casi, qualche
migliaio di giovani, mentre la stragrande maggioranza di essi, cioè diversi
milioni, sono coinvolti ogni giorno dalla formazione culturale borghese, che si
attua nella scuola statale.
L’organizzazione culturale della
classe dominante ha nella scuola, negli insegnanti, nei libri di testo
scolastici i suoi capisaldi più importanti. E’ impensabile che si possa
contrastare efficacemente l’influenza della cultura borghese sulle masse
giovanili, ignorando l’influenza che la scuola esercita su di essi.
Come evidenziato da altri
compagni nella riunione del 20/7, occorre riconsiderare criticamente
l’esperienza condotta in passato dal CIDI di concerto con il Sindacato
CGIL-Scuola, la quale esperienza, pur se nata nell’ambito di una strategia
riformista e certamente non rivoluzionaria, potrebbe oggi essere efficacemente
recuperata nella prospettiva di un lavoro culturale diretto dai comunisti.
Linee di sviluppo del Centro
Il percorso di sviluppo del
Centro, a mio avviso, dovrebbe proporsi come
obbiettivo quello di costruire circoli territoriali in un numero tale da
coprire ogni regione con almeno una struttura. Si tratterebbe, cioè, di mettere
in piedi, “dal basso”, strutture che, in piena autonomia, svolgano
quell’attività culturale descritta sopra, raccogliendo sul territorio tutte le
forze dichiaratamente comuniste disponibili. L’esempio concreto a cui riferirsi
potrebbe essere quello dei compagni del Centro di Documentazione di Torino, che
pubblicano il settimanale on-line “resistenze.org”. L’obbiettivo ambizioso è
quello di creare quel “circuito” indispensabile a far girare le idee, anche se
contrapposte, confrontandole fra loro.
Ritengo questo passaggio
essenziale per ridare all’area dei comunisti la speranza di ricomporsi, nella
prospettiva della rinascita di una soggettività politica unitaria ed omogenea.
Ma un nuovo soggetto politico,
comunista, unito ed omogeneo, è un punto d’arrivo di un processo che al momento attuale parte dalla
frantumazione dell’area dei comunisti, favorita dalla mancanza di dibattito
teorico che negli ultimi venticinque anni si è fatta sentire, unitamente alla
propensione, tipicamente piccolo-borghese, ad accentuare gli elementi di
differenziazione rispetto a quelli di unità.
Cosicché, fino a quando i
risultati elettorali sono stati confortanti, in nome dell’unità si sono messe
da parte questioni di principio che caratterizzano l’essenza dei comunisti,
consentendo ad un manipolo di opportunisti di occupare le poltrone parlamentari
disponibili; quando, invece, la macchina elettorale ha cominciato a fare acqua,
frantumazione e disgregazione hanno prevalso.
Se il lavoro culturale può
fornire un supporto al processo di ricomposizione del Partito Comunista, credo
che questo processo abbia bisogno di due elementi apparentemente contrastanti,
ma in realtà complementari: un serrato confronto di idee e la tenace volontà di
mantenere il più possibile unita un’area oggi divisa e frastagliata.
In quest’ottica potrebbe
diventare importante attrezzarsi con una rivista teorica che, ad averne le
capacità, potrebbe diventare lo strumento attraverso cui si tiene unità un’area
politica ed i circoli territoriali di cui sopra, oltre che diventare l’arena in
cui far confluire e confrontare le posizioni politico-ideologiche oggi
differenziate.
Ma non voglio qui anticipare un
dibattito, oggi forse prematuro, che necessariamente dovrebbe coinvolgere strutture e realtà più
numerose di quelle che sono confluite a Napoli il 20/7 e che, per la mia
esperienza in materia, dovrebbe sciogliere tanti nodi, fra cui individuo i seguenti:
§
bisogni culturali dei potenziali lettori;
§
periodicità e conseguente caratteristica degli
articoli;
§
formato (veste grafica) cartaceo/digitale;
§
redazione composta da persone capaci di scrivere
cose sensate ed interessanti in tempi prestabiliti.
Qui, in conclusione, mi preme evidenziare
un paradosso che, a mio avviso, è indicativo di quanto negli ultimi anni sia
stato tenuto in scarso conto l’insegnamento leninista.
Se Lenin, infatti, aveva indicato
ai tempi del “Che fare?” che lo sviluppo del partito di tipo nuovo dovesse essere
imperniato sul giornale comunista, immaginato come agitatore, propagandista ed
organizzatore collettivo, in una realtà politico-sociale, come era quella
russa, dove il proletariato era per la gran parte analfabeta; se Gramsci,
facendo tesoro di quell’insegnamento, aveva attribuito grande importanza ai
vari giornali da lui fondati e diretti (Ordine Nuovo, L’Unità, ecc.) e nel
dopoguerra il PCI, forte di quell’esempio, aveva fatto dell’Unità il principale
veicolo di ricostruzione e direzione del Partito, in una realtà, come era
quella italiana degli anni ’40, ‘50 e ’60, dove le masse operaie e contadine
non erano certo acculturate come lo sono oggi; per quale ragione, allora, negli
ultimi venticinque anni non si è pensato di fare del giornale comunista il veicolo
principale di costruzione del Partito, limitandosi, invece, a produrre solo
bollettini interni quotidiani, redatti da “giornalisti professionisti”, del
tutto staccati dalla realtà delle strutture territoriali di Partito, mentre
tutto il Partito sottovalutava l’importanza del lavoro editoriale, nonostante i
cospicui fondi statali destinati all’editoria, e mentre lo sviluppo dei mezzi
di comunicazione di massa travolgeva gli strumenti tradizionali attraverso cui
la borghesia aveva esercitato la sua egemonia di classe ?
BARI, 19 AGOSTO 2013